Il principio della storia del ritratto femminile in accezione moderna è ascrivibile ai secoli XV e XVI, quando nelle corti rinascimentali la donna conquista un ruolo pubblico, esaltando un potenziale fino ad allora inespresso.
In questo periodo l’immagine femminile cominciò a discostarsi dai modelli religiosi o idealizzati, come la Madonna o la donna angelo, e divenne espressione della condizione sociale e del valore intellettivo, attraverso acconciature, abiti e gioielli.
Generalmente, i ritratti femminili del Cinquecento appartenevano al genere nuziale e fungevano da celebrazione di eventi rilevanti. Oggi questi ritratti rappresentano un elemento di interesse antropologico, sociale e artistico, rivelando aspetti della società dell’epoca.
Le acconciature, come l’abbigliamento e i gioielli, non erano invenzioni del pittore, ma progettate da sarti e artigiani per celebrare la dama ritratta e divulgarne l’immagine pubblicamente. Nella ritrattistica, la testa divenne elemento centrale, poiché sede dell’intelletto, spesso scoperta a differenza del resto del corpo, avvolto da abiti sontuosi.
Artiste e cortigiane furono le prime a ottenere libertà d’espressione: nei dipinti, queste donne emancipate e colte divennero muse ispiratrici, offrendo un’immagine nuova e consapevole della femminilità, contrapposta all’ideale tradizionale e devoto.
Il femminismo rinascimentale si esprimeva anche nella scelta di ritrarre donne castane, ispirate alla vita di corte, anche se i pittori veneziani continuarono a prediligere figure bionde o rossicce dalla pelle diafana. Le donne more cominciarono così a schiarirsi i capelli con rimedi naturali: sole, calce, liquirizia, ceneri, camomilla o tinture usate per i tessuti.
L’Umanesimo introdusse la moda del balzo, una struttura applicata sulla testa attorno alla quale venivano legati i capelli con nastri preziosi, poi detta anche capigliara. Nel Rinascimento il balzo divenne una costruzione sempre più elaborata, arrivando a misurare anche 70 cm in altezza.
Alla fine del XV secolo si impose la cosiddetta sella, un castelletto metallico con due alte corna, conosciuto anche grazie alle illustrazioni fiabesche. I capelli venivano anche raccolti in coazzoni, ovvero trecce voluminose fermate da cuffie ornate di gemme. Questa acconciatura fu ideata da Beatrice d’Este, moglie di Ludovico il Moro.

Leonardo da Vinci/ Giovanni Ambrogio de Predis? Ritratto di Beatrice d’Este, 1490? Milano, Pinacoteca Ambrosiana.

Piero del Pollaiolo, Ritratto di giovane dama, 1470-1472, Milano, Museo Poldi Pezzoli.
Il Pollaiolo nel Ritratto di giovane dama riprodusse un’acconciatura col “filugello”, un velo di seta trasparente che lasciava vedere nitidamente i capelli raccolti, rivalutando questo accessorio femminile anche al di fuori dei luoghi di culto.
Sandro Botticelli, Ritratto postumo di Simonetta Vespucci, 1476-1480, Berlino, Kaiser Friedrich-Museums-Verein.
Anche la resa pittorica e gli unici sprazzi di movimento del ritratto di Simonetta Vespucci di Sandro Botticelli sono determinati soprattutto dalla capigliatura articolata, in cui trecce e ciocche si avvolgono a mo’ di spire, rese dinamiche dallo studio della luce e saldate al tempo stesso da nastri preziosi e perle di varie dimensioni.
Tiziano Vecellio, Ritratto di Isabella d’Este, 1534-1536, Vienna, Kunsthistorisches Museum.
L’arbiter della moda femminile degli inizi del Rinascimento fu Isabella d’Este, moglie di Francesco Gonzaga, essa fu promotrice delle chiome lunghe, ordinate attraverso l’impiego di reticelle in seta. Questo tipo di acconciatura favorì inevitabilmente l’igiene dei capelli, tanto che durante i lunghi viaggi erano previste soste per consentire alle donne di lavarsi la testa. Isabella D’Este seppe dettare le mode del primo ventennio del XIV secolo, elaborò un’acconciatura detta “capigliara” che consisteva in un copricapo a metà tra un’acconciatura elaborata ed una parrucca. Si trattava di una sorta di toupè arricchito da nastri di seta e gemme preziose, molto utilizzato dalle dame di corte ma ben presto adottato come espediente anche da coloro che erano prive di una folta chioma.
Nicolò Dell’Abate, Ritratto di donna, metà del 1500, Roma, Galleria Borghese.
Nel ritratto di donna attribuito a Nicolò Dell’Abate questo tipo di acconciatura richiama inevitabilmente quella rappresentata in precedenza da uno dei maestri presso cui completò la sua formazione. Verso il 1532 circa il Parmigianino infatti aveva realizzato un ritratto di giovane fanciulla recante un vistoso copricapo, il balzo, tanto da meritarsi il titolo di Schiava turca.

Parmigianino, Schiava turca, 1532 ca., Parma, Galleria Nazionale.
Leonardo Da Vinci, Ritratto di Isabella d’Este,1500 ca., Parigi, Museo del Louvre.
I capelli sciolti rappresentavano l’arma di seduzione più efficace di questo secolo e l’immagine offerta dalla capigliatura libera, oltre ad incarnare la sensualità, era un chiaro simbolo di giovinezza e di nubilato. Anche la fronte, le tempie ed il collo erano determinanti nella resa delle acconciature e contribuivano ad esaltare l’immagine raffinata della donna, tanto che spesso venivano rasati per addolcire i lineamenti e slanciare la figura.
Agnolo Bronzino, Eleonora di Toledo, 1543, Praga, National Gallery.
La moda del balzo fu soppiantata verso la prima metà del 1500 dalla duchessa Eleonora di Toledo, di origini spagnole e sposa di Cosimo I de’ Medici, granduca di Toscana. Nel ritratto del Bronzino i capelli della nobildonna sono divisi da una scriminatura e raccolti dietro alla nuca tramite una rete impreziosita da perle. L’immagine ieratica della testa e l’acconciatura ordinata creano continuità ed armonia con l’abito, in broccato vermiglio e una rete di perle nello scollo, ponendo in evidenza i lineamenti ed esaltando la compostezza.
Articolo a cura di Filargino Frusciante (@filo_frusciante_critico_arte)
Dopo aver conseguito la laurea presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Salerno, Indirizzo Storia dell’Arte e del Territorio, Filargino Frusciante partecipa al Perfezionamento in “Storia dell’Arte, Produzione artistica, territorio, committenza e didattica: secc. XVI – XVIII” presso la stessa Università dove diventa Relatore e Coordinatore. Presso la cattedra di ICONOGRAFIA ed ICONOLOGIA dell’Università di Salerno approfondisce tematiche quali “I Miti Greci nella pittura settecentesca”. Partecipa come Relatore a diversi seminari: “L’attualità di Klimt”, “Klimt e la Secessione Viennese”, “Le Avanguardie storiche alla fine del millennio”, “Il Cubismo e la fotografia”. Collabora con le Gallerie d’Arte “Melting’ Pot” Via d’Azeglio e “De’ Marchi” di Bologna, occupandosi della selezione di artisti ed opere e dell’allestimento mostre e con l’associazione “Napoli Cultural Classic” in qualità di Critico d’arte.
Keramos Care s.r.l. società benefit © Riproduzione riservata